«Montalbano ha imparato da Maigret»

Premessa del curatore del blog
Questo articolo può sembrare lungo e pesante, in realtà è gradevole e si legge tutto d’un fiato.
camillerisimenon

John Simenon con Andrea Camilleri


Camilleri a Simenon jr: i romanzi di tuo padre rinascevano per la tv, e io li studiavo.

Il padre del commissario Montalbano e il figlio del creatore di Maigret si incontrano, e Camilleri confessa d’aver imparato a scrivere gialli proprio grazie al collega: lo scorso 18 giugno Andrea Camilleri ha accolto nella sua casa romana John Simenon, figlio dello scrittore Georges, per una conversazione che è stata resa possibile dalla collaborazione tra gli editori Adelphi e Sellerio, che pubblicano i romanzi dei due autori.
Il dialogo diventerà un documentario di 40 minuti (una produzione Anele di Gloria Giorgianni) di cui il «Corriere della Sera» propone qui in esclusiva assoluta un ampio stralcio e sul sito corriere.it uno spezzone video esclusivo di 8’50”. In autunno il documentario intero andrà in onda su Sky Arte Hd, e in seguito sarà visibile sui siti delle case editrici Adelphi e Sellerio, e sul sito di John, http://www.simenon.co .

Nella trascrizione in questa pagina, oltre al dialogo tra Simenon figlio e Camilleri, appaiono in neretto alcune domande proposte durante il dialogo in casa Camilleri dall’editor di Adelphi, Ena Marchi, e dall’assistente di Camilleri, Valentina Alferj. «Si sono scambiati doni – racconta la Marchi -, John ha portato a Camilleri una prima edizione di un libro di suo padre, poi hanno cominciato a parlare felici e commossi; e alla fine abbiamo dovuto interromperli noi».

Una conversazione durata due ore, durante la quale il figlio di Simenon e Camilleri hanno rievocato ricordi inediti. Anzi, il creatore di Montalbano, che ha lavorato come delegato Rai all’intera serie televisiva di Maigret dal 1966-67 al ’72, ha confessato d’aver imparato a scrivere gialli allora, a fianco dello sceneggiatore Diego Fabbri.
Andrea Camilleri
– Non ho nessuna fantasia. Non so inventarmi una cosa ex novo . Ho bisogno di partire da dati di realtà. Tutte le storie di Montalbano sono fatti di cronaca vera, cronaca nera. Da me impastati in un certo modo. Però mi fa piacere avere un compagno come Simenon (che ha sempre sostenuto, appunto, di non aver inventato niente, ndr ).
John Simenon – Credo che anche lui sarebbe stato molto contento di avere lei, Camilleri, come compagno. Mi dispiace solo che non abbia avuto il tempo di conoscerla.

Camilleri, lei afferma di essere ricattato da Montalbano…
A.C. – Avviene un fenomeno singolare: ogni volta che esce un libro di Montalbano i miei romanzi, quelli ai quali tengo di più, si rivendono. Certo, se ne vendono poche centinaia di copie, ma sono romanzi di trent’anni fa. Cioè, lui permette ai miei romanzi di restare, come si dice, in catalogo. Li tiene vivi. E quindi è un ricatto indiretto – o diretto, se vuole.

Anche Simenon si sentiva ricattato da Maigret?
J.S. – Ricatto non è la parola giusta, diciamo che c’è stata una evoluzione, per caso e per necessità. Due anni dopo aver cominciato a scrivere le inchieste di Maigret mio padre ha smesso, perché voleva scrivere i suoi romanzi, quelli che all’epoca lui chiamava i suoi «romanzi puri» e che in seguito verranno chiamati «romanzi duri». Dal 1934 all’inizio della guerra Simenon non scrive più Maigret, poi ricomincia a scriverne. La vera ragione è proprio nella guerra, perché durante la guerra era difficile, per esempio, procurarsi la carta. Allora il suo editore dice: guarda, se tu ricominci a scrivere dei Maigret, forse mi è più facile trovare carta per pubblicare…

Che cosa vuol dire per uno scrittore ottenere il successo?
A.C. – Il successo non cambia uno scrittore. Può cambiare un finto scrittore, anche per ciò che riguarda la sua scrittura. Perché, per quanto ogni scrittore ami avere un pubblico vasto, non sta mica a sentire il pubblico, se è un vero scrittore.
J.S. – Il successo non ha mai cambiato mio padre. Ha cambiato in qualche modo la sua vita reale. Ma non l’uomo. Purtroppo ha avuto una influenza nefasta sulla sua vita coniugale, per esempio nei rapporti con mia madre…

Camilleri, ci dica quello che pensa di Zingaretti come Montalbano e di Gino Cervi come Maigret.
A.C. – Il personaggio di Montalbano io me lo sono sempre immaginato, visto, con i capelli, i baffi, quindi, arrivati a un certo punto, l’attore Zingaretti è calvo come una palla di biliardo, non solo, ma è anche assai più giovane del mio Montalbano. L’ho lasciato fare al regista perché avendo fatto per lungo tempo il regista so come sia noioso l’autore, quindi per non farmi tacciare di noioso mi sono sempre tenuto lontano dal set. Però Zingaretti era stato allievo mio all’Accademia e sapevo quanto era bravo. E questo mi ha confortato molto. Perché non ha importanza il fisico del ruolo, come si diceva una volta, l’importante è che ti dia a bere in quell’ora e mezza che lui è il migliore Montalbano possibile, e Zingaretti ci riesce. Mi interessa, invece, più parlare da produttore del Maigret televisivo. Imparai l’arte dello scrivere romanzi gialli seguendo lo sceneggiatore, Diego Fabbri, il quale destrutturava proprio il romanzo e lo ristrutturava. Da questo montaggio e rimontaggio impari a scrivere un giallo. Ecco il mio debito enorme nei riguardi di Simenon. Anni dopo, quando mi venne in mente di scrivere il primo poliziesco, mi tornò in mente questo lavoro fatto accanto a Diego Fabbri. Ma la cosa straordinaria era quello che il pubblico non vedeva mai. Cioè a dire la tecnica di Cervi. Cervi non imparò mai la parte a memoria. Mai. In sala prove, se ne stava così, e il suggeritore accanto a lui leggeva le sue battute e sentiva le risposte degli altri. Mai imparò la parte. Però girava con il romanzo in tasca. E sentendo una scena si andava a rileggere il romanzo. Come se per lui attore valesse di più la suggestione che gli veniva direttamente dalle pagine di Simenon che non dalla sceneggiatura. Allora come faceva a recitare? C’erano i cosiddetti gobbi, la sua parte era tutta sul rullo. E allora, mentre caricava la pipa e faceva una pausa, in realtà leggeva la battuta e poi la diceva. Queste meravigliose pause che dimostrano come una sorta di sotto pensiero in realtà sono fatte da lui per leggere, per leggere le battute che deve dire. Ma le dice in un modo perfetto perché le ha ricavate dal romanzo.

E Simenon, che cosa pensava degli interpreti di Maigret?
J.S. – Per lui tutti i Maigret sullo schermo erano tradimenti. Come ha detto Camilleri, se li faceva andare bene. Quello che avevano sullo schermo era una credibilità. Quasi subito, come lei, ha deciso di non interferire. Lei, Camilleri, ha raccontato, per esempio, che quando ha sottoposto a Simenon gli interpreti dei vari personaggi non gli era piaciuta tanto Andreina Pagnani, perché la trovava troppo bella per essere la moglie di Maigret. Ma alla fine lei l’ha convinto, quindi in realtà Simenon non ha messo nessun veto, non voleva essere uno dei tanti autori rompiscatole.
A.C. – Tante cose, leggendo i suoi libri, mi viene in mente di dire: questo glielo avrei chiesto volentieri. Ma, insomma, è andata così.

 

Articolo tratto da CORRIERE.IT

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